Newsletter di Mario Pagliaro, 13 gennaio, 2004:

Il ROI della formazione

Sommario:
La formazione manageriale ha ritorni pari a migliaia di i costi dell'investimento.

La qualità funziona sempre

"Gentilissimo dottor Pagliaro,

sono la dottoressa D.B. e ho frequentato la scorsa edizione del suo corso. Le scrivo per farLa partecipe di una bellissima cosa  che mi è successa. Ho fatto un colloquio di lavoro con la M. perché cercavano per un'azienda siciliana un responsabile per la contabilità aziendale. Dopo qualche settimana mi hanno richiamo per avere il colloquio con l'azienda. Indovini di quale azienda si tratta? 

Indizio: Raccolgono l'uva di notte!!! Esatto DONNAFUGATA Cantine Rallo! Non ci potevo proprio credere. Oggi ho avuto il colloquio con la Signora Rallo e il Direttore amministrativo e spero sia andata bene. Mi daranno una risposta e le farò sapere. Sa qual'è la cosa importante, io pensavo che sarebbe stato molto difficile trovare lavoro in Sicilia, e se l'avessi trovato non sarebbe stato consono alle mie aspettative e avevo già maturato l'idea che nonostante tutte le mie belle professionalità comunque me ne sarei dovuta andare via.  Invece ho capito che forse quel rinascimento di cui parlavamo sempre a lezione forse non è un mera illusione, e che il lavoro serio e sodo nel tempo viene ripagato anche nella terra delle raccomandazioni. GRAZIE".

Questi sono i risultati sui quali si viene misurati dai clienti. Perché voti, certificati, attestati, "patenti europee" ed altre forme tradizionali di riconoscimento sociale della qualità professionale, non servono più a nulla.

Un buon reddito viene da un buon lavoro. Un lavoro, cioè, che sia fortemente richiesto dal mercato: che sia utile agli altri, alla società. E siccome la nostra è la società della conoscenza, ne deriva che i lavoratori della conoscenza -- persone che svolgono professioni intellettuali come il management -- dovrebbero essere le più ambite e le più gratificate.

Ma per esserlo realmente, questi professionisti dovrebbero possedere una formazione vasta, aggiornata ed efficace: che renda le persone, e i giovani in particolare, pienamente padroni dei requisiti del proprio lavoro e pienamente consapevoli delle ragioni del proprio successo. Questo costa, ma a differenza di molti altri costi materiali, i costi sono relativamente bassi e -- come sempre -- a fare la differenza è la qualità.

E in Italia la formazione, accademica o professionale, è generalmente priva di qualità e non è in grado di professionalizzare adeguatamente né i giovani né gli adulti.

Italia: formazione senza benefici

"Secondo stime di fonte ministeriale il mantenimento di uno studente universitario costa in media 7mila euro all'anno, circa 600 al mese. -- scrive Dario Di Vico sul Corriere della Sera del 12 gennaio --.  Di conseguenza per far diventare ingegnere il proprio rampollo - tempo medio necessario sette anni - un genitore deve investire minimo 50mila euro".

Sono soldi ben spesi?

A giudicare dai risultati, no.

"Quando il giovane ingegnere trova il primo impiego, magari in una multinazionale o in una grande impresa italiana -- continua Di Vico -- nell'ultima riga della busta paga trova scritto 900 euro, la retribuzione della quinta categoria metalmeccanici. Con una cifra così modesta -- si chiede ancora Di Vico -- si può affittare un appartamento in proprio e concepire un autonomo progetto di vita? Certo che no, e così i genitori del neo-occupato devono di nuovo mettere mano al portafoglio e garantire un salario integrativo. Sicuramente per qualche anno, infatti prima che l'investimento iniziale cominci ad essere veramente redditizio bisogna aspettare almeno un lustro (cioè 5 anni, NdA)".

L'economista Francesco Giavazzi spiega che la causa di buona parta di questa situazione è da ricercarsi nella presenza di Ordini professionali concepiti con una logica feudale: per escludere gli altri (la concorrenza) e tenere lontani i giovani dal lavoro per quanto più tempo possibile. 

Il fatto è evidente e, per dirla ancora con il professor Giavazzi "i privilegi di pochi li paghiamo tutti" (PDF), ma un ulteriore e fondamentale motivo sta nella distanza abissale che separa la formazione italiana dal lavoro e, più in generale, dalla vita

Cosa sono, per dire, la comunicazione e il marketing? E l'ergonomia? E il management? Come si realizza un comunicato stampa? E un sito web? Come si usa in modo efficace un PC o una macchina fotografica digitale? Cos'è la prevenzione? Come si scrive in modo attraente per gli altri? Come si gestiscono delle infrastrutture un edificio in modo moderno? E le persone?

Niente. Mai sentito parlare. 

Un laureato italiano in pressoché qualsiasi disciplina viene bombardato con migliaia di ore di vetuste teorie... centinaia di pagine di fotocopie sbiadite e noiosissime lezioni in aule e ad orari improbabili e poi, praticamente, nulla o quasi di realmente utile.

Vale ancora la pena laurearsi in Italia?

"All'ingresso nel mondo del lavoro -- continua Di Vico -- un 110 e lode non vale uno stipendio più alto: secondo una ricerca realizzata da Od&M Consulting su 180 aziende per il 77% delle imprese il voto del neolaureato è praticamente ininfluente e il 66% non bada nemmeno all'autorevolezza della facoltà di uscita.

Un libero professionista -- spiega ancora a Di Vico il sociologo dell'università di Bologna Gian Paolo Prandstraller -- è tale quando ha clienti suoi, fino ad allora non ha autonomia». E per conquistare clienti ci vuole ovviamente un elevato capitale sociale fatto di relazioni a tutto campo che per un giovane costituiscono una barriera insormontabile".

Consapevole da tempo di questa necessità, il Cnr ha costruito con il Quality College un vasto network di relazioni con imprese, manager, imprenditori, società di formazione e consulenza in Italia e all'estero interamente a disposizione dei propri corsisti.

Il network -- che integra la straordinaria qualità dei relatori e la formazione nei corsisti delle doti per una leadership moderna -- offre quindi la possibilità di condurre approfondimenti pratici su molteplici temi di strettissima urgenza per la competitività delle imprese italiane: dalla comunicazione al lean-thinking; dalla sostenibilità alla finanza; dal management allo sviluppo individuale.

Intervengono così al prossimo corso in programma a fine gennaio l'economista membro del Comitato strategico del Tesoro di Francia Francesco Giavazzi, gli imprenditori Vincenzo Marino di Unitec e Gaspare Borsellino di Italpress insieme al responsabile dell'Osservatorio sul clima del Cnr di Firenze Francesco Meneguzzo.

Per saperne di più

I corsi di formazione manageriale di Mario Pagliaro per lo sviluppo di imprese, pubbliche amministrazioni e persone.


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