Newsletter di Mario Pagliaro, 16 febbraio, 2005:

Un cambiamento possibile e conveniente

Sommario:
Il rettore Silvestri riflette sui cambiamenti in corso all'Università di Palermo. E mostra ancora una volta come il cambiamento e la qualità, oltre ad essere desiderabili ed urgentemente necessari, siano possibili e convenienti.

Giuseppe Silvestri, rettore dell'universita di Palermo

Incontro Giuseppe Silvestri nel suo studio di rettore nel bellissimo Palazzo Steri di Palermo fatto restaurare negli anni '70 e '80 da Marcello Carapezza e Giuseppe La Grutta. E' un viavai ininterrotto di persone e telefonate. Al piano terra, ci sono le stanze dei prigioneri avviati al processo per eresia dai primi del '600 fino al 1782. Ed io ho deciso di farmi raccontare la bella storia del cambiamento all'università di Palermo.

Silvestri è rettore a Palermo dal 1999 e in 6 anni ha fatto della sua università un cantiere (non solo fisico). Ancora nei primi anni '90, un giovane sindacalista spiegava come a Palermo ci fossero "due buchi neri: il Teatro e l'Università". Ma poi arrivano gli anni dell'austerity nei conti pubblici; bisogna risanare il bilancio dello Stato ed entrare nell'euro. E così i fondi ministeriali per le università vengono prima decurtati e poi persino centellinati a rate.

Ancora pochi anni, ed arriva il blocco delle assunzioni che, estendendosi anche ai ricercatori, precarizza ulteriormente la vita universitaria. Eppure, nel 2005 la rinascita dell'ateneo palermitano ha il volto e la storia pulita di questo chimico 63enne figlio di un ufficiale dell'esercito e già preside della facoltà di ingegneria.

Due anni fa gli avevo chiesto un commento allo studio valutativo della Conferenza dei rettori italiani in base al quale Palermo risultava fra le ultime con circa 2 pubblicazioni per docente. Sorpreso, lui mi spiegava come nello studio non avessero ad esempio considerato i libri pubblicati dai docenti fra i quali mi citava quello di storia pubblicato da Paolo Viola con Einaudi.

Ma Silvestri non è tipo da difese corporative. Assume l'incarico e si butta sul lavoro con una capacità manageriale, una costanza e un'abitudine a lavorare in team la cui cronica carenza a livello dirigenziale è, in Sicilia, la prima causa delle sue arretratezze.

Signor Rettore, dal 1996 il Cnr a Palermo ha i suoi laboratori in una sede che dista oltre 15 km dall'università. Gli studenti, in pratica, sono tagliati fuori dalle nostre attività. Ma senza giovani, gli istituti di ricerca muoiono rapidamente. Può dirci cosa state facendo per risolvere questo problema?

Da pochi mesi, abbiamo ricevuto dal Comune la disponibilità ad utilizzare un terreno di proprietà comunale adiacente ai Dipartimenti scientifici di Parco d'Orleans. Là potrà sorgere la nuova sede del Cnr se e quando l'Ente vi investirà le risorse necessarie. A breve mi incontrerò con il nuovo presidente Pistella per affrontare con lui la questione. Devo peraltro dare pubblicamente atto al sindaco di essersi curato di questo problema con una rapidità ed efficacia che lasciano ben sperare.

Senta, io sono stato studente dell'università fino ai primi anni '90. I cantieri erano tutti fermi e gli edifici erano gli stessi di 40 anni fa. Poi nel '99 è arrivato lei, e vedo che passate da un'inaugurazione all'altra. Cos'è: ha il "tocco magico" o avete una squadra di supertecnici al lavoro?

Nessun tocco magico. E' tutto merito del Consiglio di amministrazione e di una decisione coraggiosa di qualche anno fa: investire sul capitale umano e dotarsi di una squadra di giovani ingegneri ed architetti assunti a contratto che, coordinati dall'ingegnere Catalano e dal professor Di Mino, hanno il merito di aver fatto ripartire tutti i cantieri e di aprirne molti di nuovi.

Oggi, a parte l'Anas e gli appalti per le strade, siamo la prima stazione appaltante della Sicilia occidentale. L'Ufficio contratti lavora intensamente ed ha recuperato tutte le somme non spese, che erano ingenti. C'è entusiasmo, collaborazione e impegno. E ci tengo a dire, che questa non deve suonare come una critica per i nostri predecessori; ma solo come un merito esclusivo del Consiglio di amministrazione e della sua lungimiranza.

Lei è stato un brillante elettrochimico e sa certamente che la chimica viva una grave crisi di vocazioni che è ancor prima una crisi di identità. I giovani che amano la scienza sentono parlare di materiali e si iscrivono a fisica; oppure di biotecnologie e si iscrivono a biologia. Lei cosa farebbe per risolvere questa crisi?

La chimica ha fra le scienze un ruolo centrale, in senso letterale, e il suo ruolo è quello di fare da interfaccia fra diverse discipline. Prendiamo per esempio l'ambito dei materiali che ha un enorme importanza per lo sviluppo del settore produttivo. Lei sa bene, essendo più giovane di me, che in questo campo il confine fra ricerca pura e ricerca applicata è praticamente nullo. Il ruolo di un chimico qui resta centrale nel comprendere l'evoluzione chimica del materiale, cioè la sua reaattività, che è una condizione necessaria per comprenderne la performance futura. I fisici fanno la progettazione del materiale "a secco". Ma poi sta al chimico predire e valutarne la performance nei diversi ambienti operativi. E questo è solo un esempio fra tanti.

Le celle per gli eretici a Palazzo Steri, Palermo

Senta, trent'anni fa a chimica il nuovo professore di chimica teorica aveva deciso di frequentare le lezioni di un docente di chimica per confutare le affermazioni errate e incomplete che a suo dire il collega rendeva ogni giorno a lezione. Dovette intervenire il professor Accascina per convincerlo a lasciar perdere. L'anno scorso, però, un giovane laureato ha dichiarato all'espresso che a Palermo sconoscono la chimica teorica e ha denunciato un livello degli studi che sarebbe tragico. Che ne pensa?

Il giovane in questione ha ritirato le sue affermazioni con una lettera pubblicata due giorni fa dall'espresso (gli avevo comunicato che era intenzione dell'Università procedere con una querela per la gravità diffamatoria delle sue affermazioni). La questione dell'aggiornamento e della qualificazione continua dei docenti e della ricerca è importante e delicata. Ma qui si fa un uso scellerato della figura retorica chiamata sinèddoche: prendere la parte per il tutto. Lei sa, per esempio, che fra i 50 scienziati italiani più citati nel mondo c'è proprio un chimico palermitano -- Giuseppe Savona -- che oggi fa parte del Gruppo dei 30 e sta per essere ricevuto al Quirinale. E ci sono tanti altri Gruppi di autentica eccellenza internazionale pieni di giovani ricercatori che è bellissimo veder crescere. Il problema, semmai, sta proprio nella carenza di risorse che ci impedisce di farli crescere ulteriormente.

Sì, ma ad esempio l'economista Francesco Giavazzi spiega da tempo come con un'età media dei docenti di 57 anni, la mobilità in uscita sia importante come quella in entrata. Mentre chi diventa professore universitario ci resta tutta la vita senza alcun reale incentivo a fare di più e meglio. Cosa farebbe lei per cambiare questa situazione e favorire lo sviluppo di quei giovani di cui diceva prima?

E' vero. Ma lei sa bene che la gratificazione più grande per un ricercatore non è il denaro: sono le facility di cui dispone per condurre le sue ricerche, e la disponibilità di collaboratori giovani che possano vivere facendo la ricerca che amano. Come ricercatore, prima che come rettore, io sostengo la necessità di adottare un sistema premiante basato sulla valutazione del lavoro di ricerca. Qualcuno si lamenta: "ah, lavora solo per le pubblicazioni". Beh, certo: se lavoro e scopro qualcosa di significativo, devo pubblicare i risultati del mio lavoro ed informarne così la comunità scientifica. Se lo faccio sul bollettino del mio dipartimento, mi leggeranno in pochi. Se, invece, pubblico sul Journal of american chemical society o su Analytical chemistry, mi leggeranno in tutto il mondo, e questo stimola il progresso scientifico aprendo il confronto e il dibattito. La mia idea è che dovremmo assicurare ai giovani che iniziano questo lavoro "un po' di ossigeno" -- una quota base di risorse per avviare e condurre il loro lavoro --. Ma poi, per tutti, dovrebbe funzionare un meccanismo premiante di co-finanziamento.

Sì, ma chi li dovrà giudicare: magari gli stessi anziani docenti che si sentono minacciati dall'eccellenza dei giovani?

No. Io, e parlo a titolo personale, sono a favore di un sistema di valutazione esterno. Per esempio, a Siena già lo fanno. I Dipartimenti fanno valutare ad altri scienziati i risultati del loro lavoro. E' un sistema che valorizzerebbe il meglio e garantirebbe lo sviluppo. Ma, insisto, con i livelli attuali di risorse disponibili, non si riesce nemmeno a finanziare le attività di normale funzionamento.

Lascio Silvestri ai suoi impegni. Il giorno dopo inaugura ad ingegneria una nuova partnership con un'azienda lombarda della meccanica fine. Le cose, finalmente, si muovono. Il declino trentennale della nostra università sembra in parte concludersi. Le assunzioni sono state sbloccate. D'altra parte, la formazione della classe dirigente passerà comunque dall'Università; e  tanto più al sud, dove i ritardi sono grandi in ogni settore della vita associata. E il successo dell'azione del rettore Silvestri ci dice ancora una volta che il cambiamento e la qualità sono possibili pratici e convenienti, oltre che desiderabili, anche nel Meridione.

Per saperne di più

Mario Pagliaro e Angelo Fanelli Cambiamo la ricerca e l'Università italiane? Sì, ma cum juicio; Emiliano Farinella, Intervista a Giuseppe Silvestri.


> Le altre newsletter (lista completa)
> Sottoscrivi il The Quality Report