«Un'immagine nuova per la Sicilia, e il pensiero snello nelle aziende»

Palermo, 4 Nov 2002 -  Si è concluso l'11 Ottobre con l'intervento di Salvo Sottile la XII edizione del corso di alta formazione manageriale "La gestione integrata per la qualità: idee e metodi per la certificazione dell'impresa" del Quality College del Cnr .

Il corso è stato frequentato da imprenditori e giovani laureati di varie Regioni italiane che insieme al libro del Dr. Pagliaro hanno ricevuto una formazione intensiva e innovativa sulla qualità e la sostenibilità dell'impresa, la gestione del personale, il pensiero strategico, il lean-thinking, la comunicazione interpersonale e d'impresa, e l'uso efficace del Web e delle nuove tecnologie dell'informazione. Ecco alcuni dei loro commenti espressi (in forma anonima) in margine al corso:

«Comunicare dalla Sicilia, comunicare dal degrado?»

foto di Salvo Sottile, l'11 ottobre al CNR di Palermo: 'Al TG5 parlo a 8 milioni di persone. Ma della Sicilia l'unica cosa che gli interessa è il degrado'"Il tempo -- ha esordito il corrispondente del TG5 dalla Sicilia Salvo Sottile nel suo intervento dell'11 ottobre Comunicare dalla Sicilia: Comunicare dal degrado? -- non è assolutamente più sufficiente: oggi valuto il tempo in modo diverso perché diverso è il modo di scandire gli eventi.

Ho cominciato con l'eruzione dell'Etna su Zafferana Etnea del 1991: 100mila lire a collegamento con il TG5 appena nato. Avevo 18 anni e il grande pregio del mio direttore Mentana è stato quello di darmi la necessaria fiducia nonostante l'età. E lì, sul campo, ho imparato il ritmo del linguaggio televisivo e a gestire le emergenze. 

"Non era neanche finita l'eruzione dell'Etna che la mafia intraprese la strategia terroristica che portò alle stragi Falcone e Borsellino.

Era il 1992: l'anno più brutto e devastante ed io dovevo lavorare al ritmo di 16-18 ore al giorno, con dirette interminabili e una disponibilità totale. Sono passati 10 anni, avvenuti enormi cambiamenti, eppure in Sicilia io vedo ricostituirsi lo stesso scenario di allora: non voglio fare dietrologia, ma la 'consegna' di certi uomini alle Forze dell'ordine e non di altri, mi danno l'idea di una strategia in movimento in un momento politico che è evidentemente di grande debolezza

"C'è la crisi economica forse più grave da quando lavoro: vengo da Termini Imerese dove la crisi della Fiat determina una nuova emergenza: 2000 persone che a 50 anni non sanno cosa fare del loro futuro. L'impianto costruito da Fiat nel 1971 era di per sé un presidio antimafia. Una certezza. Ed ora anche questa viene meno in un momento particolarissimo.  

"Il mio è stato un contributo continuo nel dar conto di emergenze: la mafia, l'Etna e poi ancora la siccità. Ma ora, se anche facessero 50 o 60 arresti in un blitz antimafia non importerebbe molto a nessuno.

"La comunicazione conta fino ad un certo punto. Conta di più l'immaginario collettivo e quello che le persone vogliono sentirsi dire

Della Sicilia, alla grande stampa interessa il negativo

"Sto per trasferirmi a Roma alla sede locale del TG5 e penso che in Sicilia, dopotutto, le cose che accadono siano sempre le stesse: a cambiare forse sono solo le persone. Ciò che della Sicilia interessa tanto al telespettatore quanto al mio direttore è sempre e soltanto negativo.  

"Questa è stata ed è la mia difficoltà nel lavoro di corrispondente dalla Sicilia.  Mi vedevano come uno 'sbirro'. Mi sono venuti a cercare in ufficio e ho ricevuto minacce e intimidazioni. Tantissime volte sono stato inseguito in autostrada e quando entravo in una casa per un intervista o per cercare notizie, quasi sempre mi capitava di essere aggredito. 

"Nessun giornalista -- ha aggiunto ancora Sottile -- può dirsi veramente libero: se avete una notizia-bomba su Agnelli e volete pubblicarla sul Corriere della Sera, riceverete 2500 pressioni e alla fine non sarà possibile pubblicarla per quella che è. A Mediaset ho 8milioni di telespettatori ogni sera grazie ad un direttore che io stimo e che è in gamba anche nello gestire il gruppo: economia, cronaca, politica. La sua forza è nel tenere la barra dritta, in continuo equilibrio. 

"Fede, per dire, fa 700mila spettatori, ma Mentana con 12 volte quella cifra ha potuto e può chiedere maggiore autonomia.  Naturalmente, lavoro per l'azienda del presidente del Consiglio e questo comporta difficoltà crescenti. Per esempio, proprio a Termini noi di Mediaset non potevamo passare attraverso il blocco stradale perché noi del TG5 siamo 'dipendenti di Berlusconi' e gli operai ci bloccano accomunandoci al Governo.  

In Pakistan

Il giornalista ha dunque raccontato brevemente la sua esperienza in Pakistan, durante la recente guerra in Afghanistan: "L'anno scorso sono stato inviato dal direttore in Pakistan: sembrava di essere a Gerusalemme 2mila anni fa. Le case di creta, niente acqua corrente e tutti a piedi scalzi.  Mi sono affacciato dalla montagna di Peshawar, al Passo di Khybar

"Di fronte a me c'era una scena biblica: milioni di persone in fila che davanti venivano respinte dalla polizia di frontiera a bastonate e dall'alto venivano mitragliati dai talebani alle loro spalle!  Lì, e fa male anche solo dirlo, le donne vengono trattate come animali: vengono violentate nelle strade o malmenate all'aperto e se provate anche solo ad intervenire, vi tagliano la gola. Quando facevamo i collegamenti, ci davano botte con i bastoni ma raramente ho avuto paura perché la Sicilia in questo è stata una grande Scuola. E sono riuscito, come si dice, a 'portare il sedere a casa'. 

"L'intervista più bella l'ho fatta ad Arnaldo La Barbera, l'ex capo della Squadra mobile di Palermo, un mio grande amico, che poi con il suo Gruppo speciale avrebbe arrestato gli assassini di Falcone e quelli di Borsellino. La prima volta che chiesi di parargli, mi fece fare anticamera per 12 ore: fuori dalla porta per un'intera giornata! Mi arrabbiai moltissimo e lui si arrabbiò più di me. Noi cronisti avevamo una paura fisica di La Barbera, letteralmente ci terrorizzava. 

"Ma nell'intervista che mi diede per uno speciale del TG5, emerse un lato così umano del suo carattere che io stesso rimasi esterrefatto. 

"L'altra intervista che mi ha lasciato un segno l'ho fatta quest'estate al macchinista del treno deragliato a Rometta: era praticamente morto ma si è risvegliato dal coma e seppure sia ancora in sedia a rotelle, di lui mi ha colpito l'immensa voglia di vivere".

L'intervento di Sottile si è concluso con la risposta ad una domanda su Leoluca Orlando e la situazione politica della Sicilia.

"Io ho grande stima, umana e politica, per Leoluca Orlando ma va detto subito che non è accettabile l'idea che se Orlando ha il 70% dei voti, questi siano tutti di siciliani integerrimi e se il Polo delle Libertà conquista tutti e 61 i parlamentari eletti in Sicilia nei collegi uninominali, allora si tratta di voti mafiosi.  

I"l sindaco Orlando venne visto come un paladino e con la sua leadership e le sue doti di grande comunicatore si trovò capo di un movimento-partito che probabilmente andò al di là delle sue stesse aspettative. Lui è uno che si sperimenta sempre e nella rottura si propose come alternativa alla DC che spariva.  

"Forza Italia secondo me è la stessa cosa: negli anni 1993-94 entrò nel grande vuoto apertosi con la fine dei partiti storici. Come tutte le esperienze dei genialoidi, quella di Orlando si è conclusa con lui. Ma quante volte capita che mi chiedano cosa accadrà di FI quando Berlusconi lascerà la politica e non ci sarà più? Chi ne prenderà il posto? Si dice Formigoni, ma pensateci e capirete che è impossibile.

"Ci attendono ancora grandi cambiamenti".

"Storia di un grande consulente italiano: Romano Bonfiglioli"

Tre giorni prima era intervenuto al corso Romano Bonfiglioli, titolare dell'omonima consulenza bolognese che ha fatto e sta facendo da "evangelista" del lean-thinking nel nostro Paese. 

"Ho cominciato 40 anni fa: sono un ingegnere minerario e facevamo le prospezioni per la ricerca petrolifera con l'esplosivo ed i geofoni. Allora, arrivavamo a 4-5 km di profondità e con la mia squadra trovammo pure un giacimento di gas fra Macerata e Foggia. 

"Quelli erano i tempi di poco successivi a Cristo si è fermato ad Eboli ed a Macerata c'erano le persone che vivevano nelle grotte. "Una mattina che eravamo fermi nella piazza di Macerata per prendere il caffè ho incontrato un amico e collega, anche lui di Bologna. 'Sai -- mi fa -- a Torino cercano un consulente di organizzazione aziendale?'

foto di Romano Bonfiglioli: Romano Bonfiglioli, l'8 ottobre 2002 al Quality College del CNR: 'A 25 anni non sapevo cosa fosse la consulenza organizzativa. E oggi porto il lean-thinking nelle imprese italiane. Manteniamoci aperti'"Io non sapevo nemmeno cosa fosse l'organizzazione aziendale. Ma avevo una Fiat 500 appena comperata per 400mila lire e decisi di andare comunque a vedere. Non c'erano autostrade a quel tempo, e al Passo di Serre e Caprioli c'era la neve mentre sull'Adriatica a Rimini l'auto veniva bagnata dalle onde. Quindi, il primo consiglio che mi sentirei di dare ai giovani è quello di tenere sempre le orecchie e le 'antenne' ben aperte. 

"Questo avveniva 38 anni fa. Allora -- ha continuato Bonfiglioli -- fare il consulente significava fare la contabilità aziendale, prendere i tempi del lavoro, e calcolare i costi di produzione. Non c'erano neanche i libri, e il mestiere mi fu insegnato di persona.  Da Torino sono andato a Brescia, a Milano e poi a Trieste. Sempre in giro. 

"Un bel giorno che era 6-7 anni che ero fuori di casa e avevo voglia di tornare a Bologna, proposi la mia consulenza ad un imprenditore, un ex operaio che aveva 200 operai: mi nominò responsabile della produzione a 29 anni.  Con il loro capo operaio -- un energumeno gigantesco -- c'ho passato 6 mesi a battagliare. Litigate furibonde, ma quando capì che ero lì per comandare e portare metodi nuovi, accettò la cosa e divenimmo persino amici. 

"In poco tempo divenni direttore generale, gestivo cioè tutta l'azienda: giocavamo anche a pallone, e io facevo il portiere (visto che allora andavano ancora di moda i portieri piccoli!) con i compagni che in campo mi chiamavano 'ingegnere'. 

Scontratevi con le difficoltà

"Il secondo consiglio che posso darvi -- ha proseguito Bonfiglioli -- è che scontrarsi con le difficoltà è stato fondamentale e ancora oggi il capo officina mi viene a trovare.  Così -- dopo 5 anni -- visto che l'azienda andava benone, diedi le dimissioni e aprii lo 'Studio Bonfiglioli' mettendomi a lavorare come libero professionista. Mi trovai subito un cliente, che ancora oggi  -- ad 88 anni -- è un mio cliente affezionato. 

"Oggi siamo in 40 e con me ci sono 30 ingegneri che lavorano in tutto il territorio nazionale mentre abbiamo acquisito clienti anche in Inghilterra e in Bulgaria. Allora però, tutti mi chiedevano se fossi diventato matto. Ero sposato con un figlio e avevo miei suoceri addosso con il fucile puntato.  

"Una domenica allora caricai mia moglie, mia suocera e mia madre per andare a Saronno alla Isotta-Fraschini che mi offriva un buon lavoro. Pioveva e faceva freddo e al rientro mia moglie mi disse: 'A Saronno, se vuoi, ci vai tu'.  E così -- ha continuato il consulente bolognese -- intrapresi con convinzione la professione di consulente d'impresa. 

"Il mio compito era ed è realizzare e far realizzare le nostre proposte, perché l'unico senso del lavoro consulenziale è lasciare l'impresa migliore di prima dell'intervento. Per avere successo nelle cose, bisogna andare a fondo: io sono convinto di fare il bene dell'azienda, quando vado. E generalmente sono capace di convincere l'imprenditore. Ma se l'imprenditore osta, allora preferiamo perdere il cliente ed evitare di scendere a compromessi se questo porta a strade sbagliate.  

"Quando ho cominciato, non c'era un mercato della consulenza, ma oggi siamo sommersi dal lavoro anche se generalmente ci mettono in concorrenza con i tedeschi della Porsche Consulting. Quindi, il consulente bolognese  ha proseguito il suo intervento con un excursus sul pensiero organizzativo da Taylor a Maslow con la gerarchia dei bisogni, alla Teoria dei Sistemi.  

"Negli anni '80 -- ha continuato -- irrompono i giapponesi: ora, per darvi un'idea di com'è cambiata l'impresa negli ultimi 40 anni, considerate che nel '61 un mio amico neolaureato fu messo al tornio ad imparare la pratica, e subito prese a dare consigli al capo che altrettanto rapidamente gli disse 'tu pensa a lavorare che a pensare ci pensiamo noi...'. 

"Nello stesso tempo invece, in Giappone l'idea che si stava diffondendo fra le imprese era che lo scopo primario di un'azienda fosse la customer satisfaction e che il profitto ne fosse una naturale conseguenza. Una conseguenza, e non la causa.  E come si ottiene la soddisfazione del cliente? Attraverso la qualità. E se la qualità è quella che soddisfa il cliente, questo significa che la qualità è di tutta l'azienda: dal centralino al direttore generale. 

"Quindi, poiché la qualità è responsabilità globale, di tutti, questo implica che la formazione sulla qualità e sul miglioramento continuo -- il kaizen -- deve essere estesa a tutti, e innanzitutto al vertice aziendale.  

"Vedete, l'industria giapponese negli anni '50 e '60 era un'industria manifatturiera scadente ed è diventata leader in quasi tutti i settori con prodotti di straordinaria eccellenza perché ha fatto un salto culturale che è proprio quello della qualità totale. 

Come arrivammo al lean

"Io amo la semplicità: se c'è qualcosa che penso possa migliorarci vi aderisco con entusiasmo. Renato Tagiuri -- emerito ad Harvard di sociologia e consulente aziendale nel campo delle risorse umane -- mi chiamò dicendomi che in America andava fortissima questa "produzione snella". 

"Così, 5 anni fa lessi il libro di Womack e Jones. Lo divorai e ne comprai subito 30 copie che diedi ai miei collaboratori prima delle ferie. Al rientro, costituimmo dei Gruppi di lavoro e quando fummo sicuri di poter offrire il servizio alle aziende, provammo. 

"Oggi, per noi la consulenza ISO 9000 vale 10-15 giornate/uomo di intervento ma quella sul lean-thinking richiede 500 giornate. Il mio libro sul lean-thinking ha venduto 2500 copie che, mi riferisce l'Editore, trattandosi di un libro italiano di management, ne fa un best-seller. Il lean-thinking si basa su un approccio sistemico all'eliminazione dello spreco -- il muda, in giapponese -- delle risorse. Spreco del tempo, del denaro, delle materie prime, dello spazio e del lavoro umano.

"Quello che un mio amico manager americano chiama il 'cammino della vergogna' portando i suoi collaboratori in giro attraverso l'impresa.

L'intervento è quindi proseguito con la lettura di alcune pagine del testo di Bonfiglioli relativo ai primi casi concreti di applicazione del LT in Italia e si è concluso con una domanda del Dr Pagliaro sui motivi del crollo della Fiat, il cui management pure, già negli anni '80 si era dichiarato entusiasta della qualità totale.  Penso veramente -- ha risposto Bonfiglioli -- che qui ci sia una connotazione culturale negativa, e certamente un difetto di comunicazione da parte dell'azienda. 

"Io posseggo un'Alfa Romeo analoga ad una Mercedes Benz che molti miei amici posseggono. Ma quando in Emilia le strade sono ghiacciate, la mia auto circola senza problemi mentre loro devono lasciarla a casa.  Eppure, tutti pensano che le auto fatte a Stoccarda siano molto migliori di quelle prodotte ad Arese. Naturalmente, -- e lo vedete bene qui in Sicilia -- le conseguenze di questa connotazione culturale le paghiamo noi italiani in prima persona. Perché americani, tedeschi o francesi che siano i nuovi proprietari, all'occorrenza sceglieranno sempre di tagliare l'occupazione all'estero e mai nei loro Paesi".


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