Newsletter di Mario Pagliaro, 6 dicembre, 2004:

Inventori per l'Italia

Sommario:
L'innovazione globale necessaria all'Italia richiede urgentemente un approccio nuovo all'innovazione. Perché la competizione non attende. E il nuovo libro di Andrea Granelli ispira una strategia contro il declino che farà scuola.

A Peppino De Rita, maestro di due generazioni 

"Il primo passo è scrivere l'opuscolo pubblicitario

"Quindi, -- continua il grande informatico e inventore Ray Kurzweil nel numero corrente della bella edizione italiana di Technology Review -- usate questo opuscolo per reclutare i potenziali utenti. Infine, lasciatevi andare a qualche fantasia. Immaginate di fare un discorso per chiarire come avete risolto i problemi che non vi consentivano di realizzare la nuova intenzione".

"D'altra parte -- gli fa eco il venture capitalist e professore di management Howard Anderson -- la ricerca e sviluppo aziendale inventata da Edison non funziona più.

Aziende prestigiose e apparentemente ben organizzate vengono scavalcate di continuo dalla concorrenza; e pur investendo copiosamente in R&S non riescono ad essere protagoniste sul mercato dell'innovazione."I ricercatori Xerox al PARC -- spiega ancora Anderson -- hanno inventato Ethernet, le applicazioni a finestre, le icone sullo schermo e le stampanti laser; almeno metà delle novità decisive nello sviluppo dell'informatica. Ma la direzione dell'azienda ha buttato tutto al vento: hanno fatto tutto quel che potevano per favorire l'innovazione interna e hanno fallito clamorosamente".

Perché?

Perché, aggiunge l'autore di Serious Play Mike Schrage, "il collo di bottiglia non è l'invenzione, ma l'incapacità di trasformare in modo efficace dal punto di vista dei costi le invenzioni più valide in prodotti commerciali... Senza voler sminuire il genio dello spirito inventivo, la perfezione tecnologica conta assai meno della disponibilità economica del cliente o dell'utente intenzionato a sfruttala".

Sono gli stessi concetti con cui Andrea Granelli spiega nel suo nuovo libro, inventori d'Italia: un'analisi originale che in 139 pagine formato A5 compulsate con fresco stile giornalistico insieme a Luca De Biase condensa le nuove linee guida per un nuovo successo sociale dell'innovazione nel nostro Paese 

Italia: no al declino, ma innovare integrando sistemi

Volare, Parmalat, Cirio, Giacomelli, Finmatica e centinaia di imprese dei settori tessile e calzaturiero fallite; Barilla costretta alla ristrutturazione; la Fiat ormai esausta in vendita, come centinaia di altre aziende ormai di proprietà delle banche tornate a gestire le imprese come avveniva (con tragici risultati) prima della fondazione dell'Iri (1933).

La crisi economica dell'Italia prosegue ininterrotta da 10 anni. E tutti invocano innovazione e ricerca come chiavi di volta per invertire la rotta e tornare a crescere. Ma cosa fare?

"E' sempre più importante -- scrive Granelli, illustrando l'idea centrale del suo libro -- integrare in maniera sistemica e innovativa diversi componenti piuttosto che essere eccellenti nel produrne alcuni, soprattutto con il dilagare della produzione dei Paesi emergenti".

E dall'Impero Romano, nell'ingegneria civile e militare, al design e alla moda: è la propensione alle architetture e all'integrazione a caratterizzare la storia -- eccezionale e millenaria -- del contributo italiano all'innovazione.

E siccome oggi sono le persone (i "consumatori") a definire prodotti e servizi delle aziende, l'Italia è avvantaggiata perché, spiega Granelli, "è un Paese chiave nell'attività di trend setting e nella formazione del gusto dei consumatori... non solo nell'abbigliamento, ma anche nell'arredamento, nel cibo, nel turismo e nel modo di fare le vacanze, nelle auto sportive e nei megayacht..."

Quindi, "va diffusa una nuova mentalità progettuale, che rimetta il consumatore al centro con i suoi desideri, le sue capacità, le sue paure". Senza confondere "il design con l'estetica, l'ergonomia o l'aerodinamica" (che sono aspetti parziali) mentre il design è "multidisciplinare: comprende marketing, teorie dell'interazione, scienza dei materiali, psicologia cognitiva, antropologia culturale". 

Una mentalità evidentemente ancora assente in buona parte delle aziende italiane: "Molta della complicazione tipica dei prodotti informatici -- scrive l'ex capo della ricerca di Telecom Italia -- deriva dal fatto che i progettisti avevano solo una parte delle competenze necessarie". Mentre "aziende come Ideo -- con al suo attivo centinaia di prodotti di successo come il PalmV -- questa esigenza l'hanno capita da tempo".

PMI e terziario avanzato

Granelli comprende bene come vada "innanzitutto compiuto uno sforzo poderoso di comunicazione per diffondere la cultura dell'innovazione"; mentre la "comunicazione ufficiale dà poco spazio alle speranze, e continua a proporre antidoti impossibili e modelli come quello americano che non ci appartengono.

"Start up tecnologiche, brevetti, prodotti globalizzati che assicurano crescite brucianti; perché se gli americani non avessero gli imponenti finanziamenti delle agenzie militari non disporrebbero di un mercato di sbocco così pronto a recepire qualsiasi innovazione tecnologica".

Senza cadere nell'errore della retorica del passato operata dal fascismo, dobbiamo utilizzare la forza del passato perché, sostiene, "il ruolo dell'Italia non può che partire dalla sua storia e dalla sua geografia". E qui il padre di Tin.it (.doc), che non per nulla ha voluto che a scrivere la prefazione al suo libro fosse Giuseppe De Rita, riscontra ed auspica "un modello di sviluppo economico «neo agricolo» e che definisce il modo di vivere italiano nel XXI secolo, che unisce territorio, cultura e tradizione, ben vivere, tecnologie ed ecologia."

Lo sforzo è allora quello di concentrare le risorse per accelerare il cambiamento positivo. "Bisogna indirizzare le poche risorse di cui disponiamo verso settori in sviluppo, ma coerenti con le nostre capacità; che sono sostanzialmente due. Le piccole e medie imprese e il terziario avanzato.

"Con le prime -- aggiunge l'autore, che insegna gestione d'impresa alla Luiss -- la sfida che abbiamo davanti non è trasformarle in multinazionali tayloristiche, ma è dar loro la capacità di innovare senza snaturare il loro modus operandi

"Nell'area del terziario avanzato, man mano che l'economia post-industriale si consolida, il settore più interessante è il turismo integrato, che utilizza attrattori turistici per costruire un'offerta integrata che permette di veicolare molto made in Italy, ma il cui valore che ne assicura l'unicità è che sia experienced in Italy". 

Il libro contiene anche un prezioso excursus storico sul contributo italiano all'innovazione dal tempo dei Romani a Carlo Rubbia. Ma contiene un errore che, temo, dà il segno dell'insipienza culturale dei chimici italiani che, scomparso Primo Levi, non contribuiscono più in alcun modo con la loro cultura alla formazione della cultura generale del Paese.

Scrive infatti Granelli che "la possibilità (dovuta ad Avogadro) di determinare il peso molecolare di un gas utilizzando un campione prefissato fu accettata solo verso il 1850, grazie al contributo del fisico Stanislao Cannizzaro".

In realtà, Stanislao Cannizzaro è il padre della chimica italiana: il sunto del corso che teneva a Genova (esule e cospiratore antiborbonico) fu tradotto e distribuito ai chimici europei riuniti a Karlsruhe nel 1860 per superare la paralisi teorica che durava da due decenni e di cui era responsabile il "barone" della chimica mondiale, lo svedese Berzelius, che aveva letteralmente imposto che la formula dell'acqua fosse OH (e non H2O). 

Non si veniva fuori dall'impasse. Ma poi, "lo leggemmo e -- disse Mendeleev -- mi caddero le bende dagli occhi e capii". 

A Cannizzaro -- il Lavoisier italiano -- l'umanità deve la possibilità di determinare la formula chimica (atomica) delle sostanze e quindi poco dopo l'idea conseguente che questi atomi che costituivano le sostanze replicassero sistematicamente lo stesso modo di unirsi in diverse sostanze.

Fatto senatore del Regno da Cavour, Cannizzaro fonderà a Roma in via Panisperna l'Istituto poi divenuto celebre per i lavori sui radionucludi del gruppo di Fermi. E' sepolto nel pantheon di Palermo, la sua città, nell'ignoranza generale della popolazione italiana; e che di lui nulla sappia anche un tecnologo del livello del professor Granelli la dice lunga sulla capacità di noi chimici italiani di comunicare la bellezza, la storia e il senso della nostra straordinaria disciplina.

Fare scuola

In questo senso, c'è una cosa che vorrei raccomandare a Granelli, che pure mi pare ne comprenda l'esigenza. Quella di creare una Scuola. 

"Per arrivare a questo -- scrive infatti in conclusione del suo libro riferendosi all'evoluzione richiesta -- si dovrà lavorare prioritariamente per far sì che nella società e nella cultura maturi la consapevolezza delle opportunità offerte agli italiani dal nuovo paradigma post-industriale e dalle tecnologie digitali".

Ed è a questo compito che mi sento di chiedergli un "supplemento di rigore" nella costanza dell'impegno ad insegnare che ha intrapreso. Se il centrosinistra vincerà nuovamente le elezioni, è più che verosimile che Granelli sia chiamato a prendere il posto del bravo Lucio Stanca al ministero dell'innovazione.

Ma non lasci l'insegnamento, Granelli. L'economia italiana ha bisogno di uomini colti. E gli elementi della nuova cultura invocata da Granelli devono essere trasferiti ai giovani che li svilupperanno e li diffonderanno a cascata nella società. 

Per questo, serve consolidare nel Paese una scuola capace di formare i giovani manager che daranno realtà e sostanza ai cambiamenti poderosi richiesti dalla crisi italiana.

Certo. Planning by doing. "Senza costruire soluzioni formali e calendarizzate fissate a tavolino, ma costruendole sul campo. Perché oggi la competizione è fra idee". 

E non c'è niente di meglio, per far avere successo alle idee, che formare dei ragazzi con la testa aperta che se ne vadano in giro a portare quella freschezza e quelle capacità di cui un'Italia impaurita ha ormai un bisogno -- ci spiega in questi giorni De Rita --  quasi doloroso.

Per saperne di più

Andrea Granelli, Inventori d'Italia. Dall'eredità del passato la chiave per l'innovazione (con Luca De Biase e una prefazione di Giuseppe De Rita, Guerini e Associati, 2004) e Andrea Granelli, Innovazione: Italia. La cultura contro il declino (seminario pubblico, Palermo, 21 gennaio 2005).


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