Il disegno di
legge Finanziaria 2004 istituisce l'
Istituto
italiano di tecnologia (
Iit)
con sede a
Genova
ed una
dotazione di
1050
milioni di euro per
10 anni (di cui 100 solo per il 2004).
La proposta ne origina
un'altra, forse più urgente ed attuale per l'intero sistema
produttivo italiano: non sarebbe meglio far nascere anche
l'Istituto italiano di management (Iim)?
Assediate dalla
ipercompetizione
internazionale, le imprese italiane
hanno la
necessità di aumentare radicalmente la
produttività e la qualità dei loro
prodotti e di abbattere i tempi di innovazione e consegna,
cioè di diventare
imprese "snelle" (lean), attraendo a sé i giovani a
più alto
potenziale sia italiani che stranieri.
Ma con la chiusura dell'Iri (
Istituto
di ricostruzione industriale), e con 2 sole
Università private
(a Milano e a
Roma) oltre ai minuscoli Dipartimenti pubblici di economia delle
Università,
oggi e da tempo le nostre imprese non trovano in Italia i manager che
saprebbero
trasformarle e gestirle come richiesto dalla ipercompetizione mondiale
e sono
costrette ad acquistare costosi servizi di consulenza manageriale e a
contendersi i migliori consulenti italiani al lavoro nelle consulenze
americane.
Con
3 sedi
(ad esempio
Padova, Roma e Catania) e la guida non di un accademico
ma di un grande manager italiano - ad esempio,
Franco Tatò -
l'Istituto
potrebbe
formare in
modo stabile e continuativo i
manager
necessari
alle imprese
del Sud, del Centro e del Nord, riempiendo il
grave vuoto
formativo
attuale che
è uno dei principali fattori che determinano il declino del
sistema produttivo
italiano.
"
Con 51mila milioni di
euro di fondi europei - recita lo slogan della
pubblicità voluta dal Ministero del Tesoro -
l'Europa
può farci grandi".
Non sarebbe il caso, ci chiediamo noi, di aiutarci un po' da soli per
ritornare,
o divenire, nuovamente grandi?
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