Lo Zen non è più un simbolo siciliano

di Mario Pagliaro

A chi, siciliano, vivendo all'estero, risponda sincero al fatidico: "Where do you from"? capiterà di notare lo stupore dell'interlocutore per la mancata appartenenza a Cosa Nostra. Ai giornalisti corrispondenti dei maggiori quotidiani nazionali che in Sicilia sono costretti a vivere potrebbe essere occorsa una simile assuefazione per cui la Sicilia, la regione più grande d'Italia e la quarta per numero di abitanti, sia sempre quella di prima della caduta del Muro di Berlino.

O, addirittura, peggio.

La selezione dei fatti è un processo di attribuzione di valore che risponde alla diversa percezione che se ne ha.

I giornalisti della carta stampata hanno un grande compito che non può essere svolto da quelli televisivi, costretti quasi esclusivamente alla cronaca: quello di cercare e descrivere la parte dinamica della realtà sociale.

La Sicilia ha, per esempio, il più alto numero di aziende agricole biologiche del Paese e amministrazioni del tutto nuove governano quasi tutti i Comuni siciliani grandi e piccoli.

La grave crisi economica prodotta dalla fine dell'assistenzialismo ha posto le aziende di fronte al bivio: adattarsi al mercato o sparire. Le migliori sono rapidamente cambiate e molte ne sono sorte (per esempio nel settore agroalimentare) e le loro associazioni di rappresentanza finalmente provano solo a perseguire l'interesse degli iscritti.

Il minore costo del lavoro e il basso costo della vita compensano gli alti tassi di interesse bancari e la riluttanza delle banche al credito che limitano uno sviluppo maggiore.

Qualcuno ha parlato di "desiovetizzare" la Sicilia con riferimento all'ubiqua presenza della politica in tutti i settori della vita associata. Ma la realtà sovietica era caratterizzata dalla povertà, quella siciliana da un eccesso di denaro, generalmente sprecato.

Sette anni dopo i fatti di Berlino e quattro dopo le stragi mafiose, si può chiedere, nel travolgente mutamento della realtà italiana, che la stampa non abbia più lo Zen di Palermo come simbolo del degrado siciliano.

E si può chiedere di raccontare la nuova Sicilia: le difficoltà dei giovani abituati al benessere e incapaci di godersi la ritrovata libertà e la lotta della nuova classe dirigente siciliana, accanto a quella delle Procure e delle Forze dell'ordine, per affermare uno stile di vita all'altezza dell'enorme bellezza e ricchezza storica siciliane.

La stampa darebbe così un fondamentale contributo civile non solo allo sviluppo dei lettori ma a quello, necessario, di questa nuova classe dirigente.

Mario Pagliaro
Gerusalemme

Sono felice di ospitare la lettera del signor Pagliaro: sono innamorata della Sicilia e dei siciliani. L'ho già scritto e so di ripetermi: le meraviglie del nostro Sud hanno poca visibilità, soprattutto in televisione si vedono lo Zen e le gabbie dei mafiosi in Tribunale... Bisogna combattere la tendenza al pessimismo e all'autocommiserazione.

Barbara Palombelli
La Repubblica


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