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Newsletter di Mario Pagliaro
Umbro.
Da oltre cinquant'anni a Milano,
Umberto Brunetti è il giornalista pioniere
che nel 1973, insieme alla moglie
Alessandra Ravetta, fonda la prima rivista dedicata all'informazione e
all'editoria: Prima Comunicazione.
“Prima
dal 1973 al 1976, individuava con un certo anticipo la tendenza di una
società che nella gestione dei fenomeni politici e sociali si orientava
con regolarità crescente verso una materia prima inesauribile e di
facilissima applicabilità: l'informazione, nucleo centrale della più
vasta area della comunicazione.
"Parlare di
comunicazione venti anni fa era un rischio.
Alcuni nostri soci confesseranno di aver creduto che volessi fare un
giornale sulla telefonia, o simili. In realtà la risorsa della
informazione - che noi consideravamo un'atomica pronta a esplodere - ai
giornalisti, sacerdoti accreditati all'uso di quella straordinaria
forza, sembrava risultasse, più che altro, una tessera da club
che consentiva di infilare a poco prezzo il dito nel barattolo della
marmellata".
"Quella materia prima, quella energia inesauribile
e a bassissimo prezzo a noi apparivano invece come un potere così
critico che era inconcepibile considerarlo l'esclusiva di una sola
corporazione, il segreto di una confraternita di fattucchieri trasmesso
di padre in figlio. E non passerà, infatti, molto tempo che i
giornalisti e la loro corporazione verranno travolti, spodestati e
accantonati nella televisione da gruppi di potere che non vogliono garzoncelli
scherzosi e pericolosi tra i piedi.
"Ma di questo confino professionale i giornalisti
non si sono accorti. Rintronati dalla propria voce, percorrono con
disinvoltura i corridoi di un palazzo che non gli appartiene più. Prima
nacque, dunque, non come un
giornale per i giornalisti, ma come cronaca dell'informazione e dell'uso
che la società ne faceva."
Visto che non capivamo, sospirò, e tirò fuori dalla borsa una locandina. La girò: la schiena della locandina era stampata con un fitto reticolato di rigoni neri, come un tessuto a trama larga. Continuavamo a non capire. "Se non fate così", si decise a spiegarci alla fine, "gli edicolanti tagliano le locandine e ne fanno dei fogli per appunti".
"Dopo quella prima esperienza, non abbiamo stampato più mezza locandina. Soprattutto da quando gli edicolanti, sette o otto anni fa, hanno deciso per conto loro, senza nessun intervento da parte nostra (del resto inutile), di esporre Prima, in bella vista sul banco, accanto a Panorama ed Espresso. In quella prima settimana imparammo altre cose. Ci telefonava qualche nostro amico: "Non riesco a trovarlo. L'edicolante dice che è esaurito".
Cuore in gola, con qualche dubbio. Provavamo anche noi.
"Esaurito", rispondevano due edicole su quattro. Pazzesco, pensavamo. Ma con qualche dubbio.
"Poi capimmo. Fu quando un edicolante, da cui spesso compravamo i quotidiani, ci rispose: "Prima? Aspetti... Si chinò, scomparve dalla nostra vista. Lo sentivamo armeggiare, sputando il fiato. Alla fine tornò alla luce con un pacco di copie di Prima ancora legato: "È questo qui?", domandò tenendo il pacco sospeso per un capo della corda, come un pantegana morta. Alessandra Ravetta ed io, ammutoliti, pallidi come cenci, cominciavamo a capire.
Ma come mai, tentammo con voce pigolante, molti suoi colleghi dicono che è esaurito? L'edicolante da gentile diventò addirittura affettuoso: Sa quanti giornali ci scaricano addosso? Saranno tre o quattromila. Se li dovessimo mettere tutti sul banco!... Ci mettiamo solo quelli che ci danno pane, primo, secondo, dolce e frutta. Diciamo Corriere, Espresso, Gente, Grazia... Quei miei colleghi vi rispondono che il vostro giornale è esaurito perché non vogliono rotture di coglioni e gli fa fatica chinarsi per vedere se tra i pacchi infognati tra i piedi c'è anche il vostro".
Giunto al numero 313, Brunetti continua a
scrivere con stile céliniano per spiegare con ironia cosa è -- e
cosa ci sta dietro -- l'attività editoriale non più solo nella società
italiana, ma nel mondo. Anzi, forse nel mondo con ancora maggiore
incisività e indipendenza non dovendo in questo scrivere od omettere
al fine di conservare la pubblicità dei gruppi editoriali sul suo
giornale.
Memoria del grande Ettore Bernabei che -- presidente di Italstat -- alla fine degli anni '70 spiegava agli ingenui costruttori italiani come non sarebbero mai riusciti ad orientare il bilancio dello Stato verso i loro affari, fino a quando fossero rimasti fuori dall'editoria.
Nello straordinario numero del trentennale (novembre 2004), Giuseppe De Rita spiegava, al solito profondo, come il suo giornale sia stato testimone della trasformazione ludica -- e quindi inutile -- della Tv pubblica italiana: quiz, reality show e partite di calcio. Totalmente incapace di fare opinione, ma solo opinionismo privo di approfondimento. Esattamente come l'Espresso e Panorama, degradati a giornali televisivi.
Quaranta
anni dopo Prima è un appuntamento mensile irrinunciabile per
chiunque si occupi di comunicazione a livello professionale; ma anche per
chi più semplicemente voglia comprendere -- nel Paese dove il più grande editore
e concessionario di pubblicità è,
a più riprese, anche Capo del Governo -- il senso e l'evoluzione del settore
industriale che orienta scelte, cultura e comportamenti delle
persone.
Qual'è infatti il vero fine dell'informazione dei mass media?
Quello di conquistare il consenso politico e culturale; e di orientare gli acquisti con la pubblicità.
Ovvero, il potere politico e quello finanziario.
Ma a differenza di quanto avviene con i tecnicismi ridicoli del gergo pseudomanageriale americaneggiante fatto di "implementazione"; "pianificazione", "budget", "target" e altre amenità, Brunetti dà al giornale un taglio appunto celiniano:
"Vogliamo dire -- scriveva Brunetti nel numero di dicembre 2003 -- che un'operazione come quella annunciata dalla Fiat avrà preso il via a inizio 2001? Consultazione con famiglia, accordi con Ifi e Ifil, con gli azionisti della General Motors; poi la grande partita con le banche... E i giornalisti? ron ron! Hugo Dixon, Peppino Turani? ron ron! Ninnaò, ninnaò, questo tonto a chi lo dò...E invece volpi acutissime quando si stratta di scovare cosa sta facendo la Tecnogym".
La classifica dei siti Web più utilizzati. I bilanci delle società di raccolta pubblicitaria.
Tutto nel segno della sintesi e dell'accuratezza in un giornale formato A4 a colori che è anche un esempio dal punto di vista della pulizia della grafica e dell'impaginazione (si notino per esempio le fotografie e le didascalie che le accompagnano).
In breve, Prima era e resta un
importante contributo culturale che scrivendo e raccontando il
mondo dell'informazione e della pubblicità aiuta gli italiani a vivere il
proprio tempo, capendo di più e meglio le dinamiche che stanno
dietro la creazione del consenso e le strategie di vendita delle imprese.
E Brunetti -- non a caso laureato in filosofia
a Firenze -- è stato il primo, non solo in Italia, a comprendere
l'esigenza che ci fosse qualcuno a scriverne ogni mese.
L'intervista
[PDF] di Stefano Lorenzetto a Umberto Brunetti.
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