Newsletter di Mario Pagliaro, 4 agosto, 2004:

"Modificare gli ordini ricevuti"?

Sommario:
Mentre i nostri imprenditori continuano a stilare documenti lapalissiani, l'ergologia ci parla della qualità necessaria alle nostre imprese per tornare a conquistare i clienti sul mercato globale.

"Il lavoro? Modificare gli ordini ricevuti"

"Il lavoro? Modificare gli ordini ricevuti".

Yves Schwartz non ha dubbi. Il filosofo francese padre dell'ergologia spiega ancora: "Il grande errore del taylorismo fordista fu quello di credere che esso aveva semplificato il lavoro riducendolo a una serie di esecuzioni meccaniche regolata su un dato prevedibile.

"Ma era sbagliato per 2 ragioni: da una parte, nulla è mai compiuto in modo standardizzato, e le persone devono adattarsi alle variabilità che sorgono sempre.

 Dall'altra, non sarebbe stata una situazione vivibile umanamente. E infatti, gli ergonomi osservarono subito questo grado di autonomia che sfuggiva a Taylor".

"Il lavoro -- conclude Scwhartz -- è sempre l'uso di sé da parte degli altri (la gerarchia, il datore di lavoro), ma anche di sé da parte di sé stessi.

E che nel 2004 questo accademico francese abbia largamente ragione è un fatto che interessa i manager e i proprietari delle aziende italiane impegnata a fronteggiare la più grave e prolungata crisi economica dell'Italia repubblicana. 

Gli 800 milioni di clienti abitanti del mercato globalizzato del primo mondo sono diventati clienti esigenti che vogliono prodotti esclusivi e personalizzati. Che rifiutano -- ormai anche in Italia -- i comportamenti massificati, causando in questa estate 2004 la disperazione di concessionari autostradali e albergatori che a settembre registreranno flessioni delle presenze superiori al 50% sul già critico 2003.

Da una parte, le imprese italiane dell'alta moda artigianale e le altre interpreti della gloriosa tradizione italiana del design industriale -- dalle scarpe di Della Valle alle lampade dei fratelli Guzzini -- continuano a crescere del tutto immuni alla crisi italiana.

Dall'altra, ci sono le imprese della meccanica i produttrici di macchinari per l'industria tedesca ("da 100 anni loro clienti", spiega Marcello De Cecco) che sono travolte dalla concorrenza asiatica di Cina e in India dove i loro prodotti -- di insufficiente contenuto tecnologico e quindi facili da imitare -- vengono prodotti a costi di inferiori anche del 90%.

Ergologia: la qualità procede dalle persone

Ora, pensare di potere arginare questo fenomeno con qualche regolamento europeo, è vano, oltre che un chiaro segno di decadenza del pensiero economico e politico. Questi Paesi non possono essere fermati. Si conquistano un posto nell'economia globale importando lavoro così come noi esportammo la nostra manodopera.

L'unica cosa da fare è puntare sulla qualità e sull'innovazione.

Ma come suggerisce il brillante ex ministro italiano del bilancio Cirino Pomicino, dovremmo evitare di farci seguaci di Monsieur de la Palisse come avvenuto con "le due paginette di ovvietà scritte dagli imprenditori italiani per dare un contributo al Governo. Perché quello che conta non sono gli obiettivi ma gli strumenti per raggiungerli: ovvero quali provvedimenti adottare per raggiungere quegli obiettivi". 

Per aumentare la qualità dei prodotti italiani, occorre investire sulla qualità delle persone che li progettano, li producono e li vendono per migliorarne le capacità creative ed operative.

E l'ergologia ha qualcosa di profondo da dire sul modo con il quale realizzare tale trasformazione perché spiega che il lavoro umano ha i suoi mondi sconosciuti e che la vita -- essendo creatrice -- si differenzia sempre dall'azione meccanica per cui occorre considerare gli elementi non misurabili come il vivere insieme, la salute, la cultura, il rispetto per gli altri e il benessere.

Importare modelli: si o no?

Dice Domenico De Masi: "importare modelli come la lean production della Toyota non serve a nulla. Da noi ci sono regole e una cultura diversa. Amo citare l'Anchise di Virgilio ne l'Eneide: 'Altri popoli che sapranno forgiare statue come se fossero vive .... Ma tu, popolo romano, ricorda la tua missione: diffondi i tuoi costumi attraverso la pace, perdona gli umili e debella i superbi'. Ecco, noi nobbiamo ritornare alla nostra cultura: che è quella greca e latina della Grecia di Pericle e della Roma di Adriano e di Augusto".

"E dobbiamo anche valorizzare il tempo libero. Perché chi si diverte, consuma e rianima l'economia".

Ma il sociologo e consulente De Masi ci illude: se un Paese smette di produrre beni di alto pregio e viene spinto verso i settori a basso contenuto creativo e tecnologico, come sta avvenendo in Italia, non ci sarà nessuno che potrà divertirsi perché non avrà di che spendere.

Inoltre, proprio come il popolo romano portò la guerra ovunque, praticò lo schiavismo, la crocifissione e il culto della personalità con la Repubblica che presto degenererà nell'Impero; così, semplicemente, non è vero che noi europei non abbiamo importato già in passato modi nuovi di lavorare.

Quando infatti Taylor nel 1911 inventò la catena di montaggio, non è che la Fiat di Giovanni Agnelli o la Volkswagen dei tedeschi o l'Olivetti del geniale Adriano le opposero una produzione delle loro macchine sul piazzale nel caos. Ma vi si adattarono immediatamente per gli enormi vantaggi economici -- ed anche umani: non si moriva più come negli opifici dell'800 -- offerti dalla produzione in linea.

Analogamente, fare oggi gli snob con la produzione snella, è un segno di provincialismo culturale suicida. 

Il taylorismo è morto, perché è stato superato da un modo nuovo e migliore di fare le cose che, peraltro, ci consente di soddisfare il gusto cangiante e variegato di una clientela globale fatta di individui.

Come di individui valorizzati sono fatte le organizzazioni produttive moderne di successo.

Per saperne di più

Il corso di formazione L'Impresa snella e il libro di Mario Pagliaro, Scenario: Qualità.


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