Editoriale di Mario Pagliaro, 6 gennaio, 2008:

La vicenda illuminante di Finmeccanica

«Nessun imprenditore italiano ha mai manifestato interesse per le attività di Finmeccanica; ma quando si tratta di acqua, luce, gas e altri settori protetti c’è la fila», riconosce Francesco Giavazzi scorato dal contrasto fra il suo liberismo e la perdurante realtà storica del capitalismo italiano.

Sono passati poco più di 10 anni da quando Fabiani si dimise da amministratore della formidabile holding dell’unica grande società industriale ad alto contenuto tecnologico rimasta all’Italia.

Aerospazio, difesa, elettronica e treni veloci. Dobbiamo a lui, e poi a Guargaglini, se il presidente del consiglio nel viaggio inaugurale dell’alta velocità italiana ha potuto viaggiare su un treno progettato e costruito in Italia, invece che in Francia o in Germania.

Fabiani, infatti, dopo aver quotato l’azienda in Borsa ad inizio anni ’90, comprerà dall’Efim in fallimento la Oto Melara, le Officine Galileo, la Agusta e la Breda Costruzioni Ferroviarie, aggregando l’industria italiana della difesa e dell’alta tecnologia e salvandola così da quelle scriteriate svendite all’estero che furono le privatizzazioni anni ’90.

E oggi che ovunque lo stato torna protagonista nella finanza, e presto anche nell’industria, conoscere la vicenda di Finmeccanica diventa prezioso per chiunque lavori al progresso civile ed economico dell’Italia.

Conoscere, ad esempio, il modo con il quale l’azienda ricerca i giovani ad alto potenziale per formare la sua classe dirigente di domani attraverso il Master “Fhink”: l’unico in Italia interamente in inglese. Andate su finmeccanica.it e troverete in home page il bando per i vostri figli.

E vi troverete anche il profilo di un’azienda globale e vincente che, immune dalle conseguenze della crisi finanziaria globale, a novembre raccoglieva senza problemi sul mercato internazionale degli Eurobond 750 milioni di euro che restituirà ai creditori in 5 anni con una ricca cedola annuale superiore all’8 per cento.

Dai Comuni e dalle Regioni al collasso finanziario, invece, arrivano ogni giorno notizie di incapacità di raccogliere e differenziare l’immondizia; di costi sanitari esorbitanti e fuori controllo; e di corruzione privatizzata anch’essa: in cui un assessore offre in regalo le risorse pubbliche in cambio di soldi e posti di lavoro per i propri amici e famigli.

Ricorderete forse come in campagna elettorale il candidato premier del Pd promettesse l’istituzione di una “Bocconi” del Sud. Ovvero, di quella sezione dell’Istituto nazionale di management che Finmeccanica si è fatta da sé.

L’idea era preziosa ed è invece necessaria all’intero paese. Senza una scuola di alta formazione manageriale pubblica e – come la Normale di Pisa – aperta soltanto ai più capaci e meritevoli, il Paese non troverà mai i giovani necessari tanto alle imprese che alle pubbliche amministrazioni per fronteggiare le sfide che la globalizzazione pone alle aziende e ai territori in campo economico; e ad un funzionamento sano della democrazia.

Una scuola basata sul pensiero e sull’ethos pubblico dove si faccia quella «pedagogia democratica delle élites» di cui da tempo parla Mario Caligiuri e alla quale lavorò senza successo negli anni ’60 lo stesso De Rita.

Ecco quindi un campo strategico in cui Partito democratico e Pdl – Enrico Letta e Giulio Tremonti – possono e dovrebbero collaborare nell’anno che si apre.

Per saperne di più

Questo articolo è stato pubblicato da Europa il 6 gennaio 2008 con il titolo "La vicenda illuminante di Finmeccanica"  (PDF). Vedi anche "Un Istituto nazionale per il management" (PDF, luglio 2006).

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